La Preservazione Divina della Sunnah (4 di 7): La Preservazione dell'Isnaad.
Descrizione: La seguente serie di sette articoli illustra i mezzi utilizzati nel corso della storia per garantire che la Sunnah, o insegnamenti del Profeta Muhammad (la pace e le benedizioni siano su di lui), rimanesse autenticamente conservata e priva di alterazioni e interpolazioni.
Fonte: Jamaal al-Din Zarabozo, IslamReligion.com
Afferma Fullaatah, che Abu Bakr, che Allah si compiaccia di lui, il primo califfo morto solo due anni dopo il Profeta, è stato il primo ad esigere dal narratore la dimostrazione dell'autenticità del proprio racconto, e che egli non accettava la narrazione come autentica se non dopo la convocazione di un testimone che confermasse il hadiith.
'Umar, che Allah si compiaccia di lui, seguì la stessa metodologia.
In questo modo si verificava se la persona aveva udito il hadiith direttamente dal Messaggero di Dio (che la pace e le benedizioni di Allah siano su di lui) o da qualche fonte intermediaria. L’obiettivo era quello di constatare la correttezza della narrazione e allo stesso tempo induceva il narratore a mostrare lo stato dell'Isnaad (catena di trasmissione) del hadiith. Pertanto, i narratori, subito dopo la morte del Profeta, sono stati indotti ad esporre i loro isnaad.
Ali, il quarto califfo, contemporaneo della fitnah (intesa come tumulto), che Allah si compiaccia di lui, a volte esigeva dal narratore il giuramento di aver sentito il hadith direttamente dal Profeta.
Ovviamente, anche dopo la fitnah, continuò l'uso del richiedere al narratore la dichiarazione delle fonti[1].
Afferma Fullaatah che la richiesta del mostrare la catena di trasmissione, si era rafforzata quando vi furono i primi narratori deboli ed anche persone moralmente abiette cominciarono a raccontare ahadiith. Durante quest'epoca il narratore stesso si impegnava nel citare l'Isnaad del hadiith narrato.
Al A'mash era solito raccontare il hadith e poi dire: “E qui vi è il punto cardinale della questione”, seguendo col presentare l'Isnaad.
Al-Walid ibn Muslim proveniente dallo Shaam ha riferito: “Un giorno, Al Zuhri disse: «Cosa c'è di malfatto in voi che vi vedo narrare il hadith senza la parte essenziale?». Dopo quel giorno i nostri compagni [cioè la gente dello Sham (Paesi del Levante, Medio Oriente o Arabia settentrionale)] si abituarono a menzionare l' Isnaad”[2].
I sapienti quindi biasimavano gli studenti circa l'ascolto del hadith da insegnanti che si limitavano a ricordarlo senza l'Isnaad[3]. Infatti essi rifiuteranno qualsiasi detto privo della catena di trasmissione. Bahz ibn Asad disse: “Non accettare un hadith da qualcuno che non dice: «Il tale lo ha narrato»“, cioè privo di Isnaad. I musulmani cominciarono ad insistere sull'uso della catena di trasmissione anche in altre discipline diverse da quella del Hadith, come in Storia, in Tafsiir (esegesi del Corano), e in Poesia.
Pertanto, dopo aver discusso la questione in dettaglio, Fullaatah ha concluso con quanto segue:
1. L'Isnaad fu utilizzato già durante il tempo dei Compagni, che Allah si compiaccia di loro.
2. Abu Bakr, che Allah si compiaccia di lui, fu il primo ad imporre ai narratori la citazione della fonte del loro hadith.
3. Il narratore stesso ha insistito nel citare l'Isnaad di ogni hadith sulla scia dei punti (1) e (2) precedenti[4].
In conclusione, non c'è mai stato alcun momento in cui le narrazioni dei detti siano state completamente prive del ricordo dell'Isnaad. Durante il tempo dei Compagni, l'uso della catena di trasmissione non era così evidente perché (di solito) non c'era nessun mediatore tra il narratore e il Profeta, che Iddio lo elogi e lo preservi. (L'epoca dei Compagni si è conclusa “ufficialmente” nel 110 dopo al Hijra, con la morte dell'ultimo Compagno).
Abu Bakr e Umar, che Allah si compiaccia di loro, erano scrupolosi nel controllo dell'autenticità degli ahadith.
Più tardi apparvero sapienti come Al Sha'bi e Al Zuhri, che evidenziarono ai musulmani la necessità di citare l'Isnaad col hadith.
L'importanza di questa pratica esaltò particolarmente dopo i principali scontri (come quella che ha causato la morte di Uthmaan, che Iddio si compiaccia di lui), e le persone si resero conto che le narrazioni del hadith rappresentavano la loro religione e, pertanto, dovevano necessariamente appurare da chi stavano apprendendo la religione.
Dopo i primi anni, l'Isnaad e il suo uso corretto divenne standardizzato e la sua conoscenza formò un ramo indipendente nella scienza del hadith. Ciò (la menzione dell'isnaad) continuò fino alle principali raccolte di ahadith accuratamente redatte nel terzo secolo[5].
In realtà, Iddio ha benedetto la nazione di Muhammad, che Allah lo elogi e lo preservi, attraverso quel modo unico di preservare i suoi insegnamenti originali: l'Isnaad.
Scrisse Muhammad bn Haatim bn Al Mudhaffar:
“In verità Iddio ha onorato e distinto questa nazione e l'ha innalzata al di sopra delle altre attraverso l'uso dell'Isnaad. Nessuna delle nazioni precedenti o presenti può vantare catene di trasmissione ininterrotte. Esse hanno in loro possesso scritti [antichi], ma i loro libri sono stati mescolati con notizie storiche e dunque oggigiorno non si può più distinguere ciò che è stato originariamente rivelato, come la Torah o del Vangelo nelle loro forme originali, e ciò che vi è stato aggiunto in seguito, come le segnalazioni prese da persone inaffidabili [o, più probabilmente, da narratori sconosciuti]” [6].
Nota:
[1] Fullaatah, vol. 2, pag. 20-22.
[2] Citato da Fullaatah, vol. 2, pag. 28.
[3] Ibid. vol. 2, pag. 28/29. Vedi la storia di Al Zuhri, Abdullah ibn Al Mubaarak e Sufiaan Al Thauri in quelle pagine.
[4] Fullaatah, vol. 2, pag. 30.
[5] In effetti, la tradizione al racconto del hadith con il loro isnaad continuò fino al quinto secolo. In seguito, dopo questo periodo i libri furono trasmessi tramite l'ijaaza (ovvero il permesso dato dall'autore ad altri per raccontare i propri libri o le proprie raccolte di hadith), anche se comunque ancora oggi vi sono sapienti che sono in grado di narrare gli ahadith con una catena completa sino al Profeta, che Allah lo elogi e lo preservi. Cf, Khaldoon Al Ahdab, Asbaab Ikhtilaaf Al Muhadeetheen (Jeddah: Al Dar Al Saudiya, 1985)., Vol. 2, pag. 707.
[6] Citato da Abdul Wahaab Abdul Latif, in “Al-Mukhtasar fi Ilm Rijaal Al Athar” (Dar Al Kutub Al Hadiithia), pag. 18.